La santa schiavitù d'amore - Cuorinaviganti

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La santa schiavitù d'amore

Totus Tuus

         

"Io sono tutto tuo, o Vergine, benedetta sopra ogni cosa".
"Io sono tutto tuo, e tutto quanto posseggo te lo offro, amabile mio Gesù, per mezzo di M tua santa Madre".

"La Vergine santa è il mezzo del quale nostro Signore si è servito per venire a noi;
parimenti è il mezzo di cui dobbiamo servirci per andare a lui.
Ella, infatti non è come le altre creature, le quali, se ad esse ci affezioniamo,
anziché avvicinarci a Dio, potrebbero allontanarcene.
L'inclinazione più forte di Montfort è di unirci a Gesù Cristo,
così come il desiderio più forte del Figlio è che si vada a lui per mezzo della sua santa Madre
" (VD 75).
 
"Mezzo perfetto che Gesù Cristo ha scelto per unirsi a noi e unirci a lui, a nostro Signore,
come al nostro ultimo fine, cui dobbiamo tutto ciò che siamo, perché è nostro Redentore e nostro Dio"
(VD 125).


Antecedenti storici della santa schiavitù d'amore
Sulla schiavitù d'amore parlano di servo e schiavo d'amore i seguenti autori: s. Ildefonso di Toledo (+ 667) che vuol servire la Serva del Signore, s. Giovanni Damasceno (ca,+ 749), s. Odilone di Cluny (+ 1049), s. Bernardino da Siena (+ 1444), Bartolomeo de los Rios (+ 1652)...
La professione di schiavitù nei confronti della Vergine è sorta verso la fine del 1500 in ambienti francescani di Alcalà de Henares (Spagna) centro universitario, e diffusa poi da illustri ecclesiastici del 1600. Essa trova buona accoglienza in Francia da parte di eminenti santi e maestri spirituali, e in seguito in tutta Europa.
La schiavitù mariana esprime in modo radicale la volontaria offerta di se stessi e della propria libertà alla Madre di Dio "senza altri confini o limiti - scrive H. M. Boudon - che quelli prescritti dal Dio di infinita maestà"; è caratterizzata da un forte orientamento teocentrico ed è volta ad indurre il fedele a spogliarsi dell'uomo vecchio per rivestirsi del nuovo.
Tra i grandi della Francia citiamo: 1) Henri Marie Boudon
(+ 1702), ecclesiastico di vita santa e insigne maestro di vita spirituale; 2) il card. Pierre de Bérulle (+ 1629), fondatore dell'Oratorio di Gesù e di Maria Immacolata; 3) J.-J. Olier (+ 1657), che emette il voto di schiavitù alla Madre di Dio, poiché ella porta nel proprio seno tutte le creature; in lei Dio forma il Figlio in tutta la sua estensione: Cristo Capo e il suo Corpo ecclesiale; 4) s. Luigi Maria di Montfort (+ 1716), che per la chiarezza dell'esposizione, la solidità del ragionamento e la santità di vita, hanno assicurato alla schiavitù mariana un duraturo successo, rimasto tutt'oggi invariato.   
Montfort, nell'esortare il credente alla mortificazione universale (ASE 194-303) per giungere alla perfezione cristiana, chiede l'obbedienza totale alla volontà di Dio, e argomenta: "Senza obbedienza ogni mortificazione è macchiata dalla propria volontà e spesso è più gradita al diavolo che a Dio...per mezzo dell'obbedienza si elimina l'amor proprio che tutto guasta" (ASE 202). E l'obbedienza a Maria, per liberarsi dall'amor proprio, è il frutto di una libera scelta d'amore: da qui "schiavitù d' amore". Montfort inoltre rettifica l'espressione "schiavitù mariana" in "schiavitù a Cristo in Maria" (cf R. Laurentin, Dio mia tenerezza, pp.70-1).
  
E' opportuno oggi parlare di santa schiavitù?

Certamente sì,il termine è schivato da chi non ne comprende il significato.  il termine schaivitù d'amore, consacrazione è pregnante per alcuni, ma qualunque programma di vita santificante, provvidenzialmente, è sempre denso ed impegnativo, poiché è appartenenza totale a Cristo e a servizio dei fratelli.


Il Pontefice  Giovanni Paolo II (II lettera ai Monfortani del 2003) nel n.6 precisa: "Nella spiritualità monfortana, il dinamismo della carità viene specialmente espresso attraverso il simbolo della schiavitù d'amore a Gesù
sull'esempio e con l'aiuto materno di Maria. Si tratta della piena comunione alla kénosis di Cristo; comunione vissuta con Maria, intimamente presente ai misteri della vita del Figlio. 'Non c'è nulla fra i cristiani che faccia appartenere in modo più assoluto a Gesù Cristo e alla sua santa Madre quanto la schiavitù della volontà, secondo l'esempio di Gesù Cristo stesso...e della Santa Vergine che si disse serva e schiava del Signore" (VD 72). Poi, sempre al n.6 Wojtyla commenta: "La schiavitù d'amore va, quindi, interpretata alla luce del mirabile scambio tra Dio e l'umanità nel mistero del Verbo incarnato. E' un vero scambio di amore tra Dio e la sua creatura nella reciprocità del dono totale di sé".

Stefano De Fiores nell'Intervista con S. Gaeta risponde: "Io traduco questa schiavitù con un riferimento al passo del Trattato nel quale il nostro autore parla della "perfetta consacrazione a Gesù Cristo", che non è altro che "una perfetta consacrazione di sé stessi alla santissima Vergine" e di fatto si rivela "una perfetta rinnovazione dei voti e delle promesse del santo battesimo".
E' questo il vero orizzonte del Montfort, mentre prima gli autori mistici che parlavano di schiavitù guardavano soltanto verso Maria, con la sua svolta cristologica il Montfort mette in primo piano nell'orizzonte spirituale la persona di Gesù Cristo".


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